martedì 29 ottobre 2013

Sole a catinelle: Recensione in Anteprima del film con Checco Zalone



Dov’eravamo rimasti? Ah sì, Checco oramai non è più il meridionale appena approdato al Nord, che interviene ad un meeting della Lega intonando motivetti non proprio padani. Checco è un uomo affermato, che dopo essere Caduto dalle nubi si è goduto la sua (Che) bella giornata.
Una parabola, quella del Checco nazionale, che racconta di un’ascesa come poche se ne vedevano da anni nel nostro Paese. Senza approntare tedianti excursus, pare ieri che la selezione di Lippi alzava la Coppa sotto il cielo di Berlino, in Germania accompagnata dai Queen, qui da noi da Zalone. Nel bene e nel male, il barese in questione ha finito col rappresentarci, con l’assomigliarci, tanto da non distinguere più chi sia la copia di chi. Forse per questo il diniego, la spesso invincibile tendenza a voler negare al comico e cantante lo status di personaggio, anche al cinema. Anzi, soprattutto al cinema.
Eppure il Checco Zalone di Sole a catinelle non è cambiato, non si è montato la testa ma nemmeno se l’è fatta smontare. Prosegue per la sua strada, inneggiando sempre al bel tempo ma senza abiurare alla realtà che lo (ci) circonda. Sopra le righe, simpaticamente populista, in barba al tanto inflazionato politicamente corretto – ché quello scorretto sta diventando a sua volta un cliché. I suoi, più che sonori ceffoni, sono buffetti, somministrati a suon di risate.
Per rispondere a chi, magari in maniera non del tutto infondata, vorrebbe dettare l’agenda ad un comico che vuole fare il comico anche sul grande schermo, verrebbe da citare quel santo che scriveva in merito ad una sua fortunata opera: «per quello che concerne gli abbellimenti letterari, non ho voluto nemmeno pensarci: ho altro da fare!».
Non me ne voglia il santo in questione, né Zalone, né tantomeno lo smaliziato recensore dal palato fine per questa forse improvvida citazione. Ma a conti fatti è così: Zalone non ha tempo per tutto il resto: ha altro da fare… ossia fare ridere! Non solo. Perché la comicità non è roba da accademici, bensì un lusso che è difficile illustrare e che bisogna avere nel sangue. C’è di più. Il comico fa ridere laddove senza di lui ci sarebbe solo da piangere. [...]

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